30 giugno h.21
Dentro una fogna ancora piena di corpi senza vita e adibita a bunker, sopravvivono un insurrezionalista anarchico e un arruolato sovietico. Fuggiti da una disfatta militare, la loro ultima visione del mondo in superficie è lo scheletro carbonizzato di un luogo, non meglio precisato, che supera in orrore la stessa apocalisse. Proprio quell’anno in cui grandi ideali stavano per trionfare. Proprio quell’anno in cui il mondo finì.
La condizione umana drammatica e grottesca che si consuma dentro ad uno spazio che è un buco nella terra o poco più e popolato da resti umani, è paragonabile alla percezione che una mosca ha della bottiglia di vetro in cui è imprigionata: l’unico mondo possibile. Così, questi due sciagurati, resistono ora nell’ilarità che si può consumare alla vista di un insetto generato dalle loro feci, ora discorrendo animatamente di anarchia, proprietà, potere, famiglia.
Ispirato a “Quando usciremo” di Gianni Hott, questo spettacolo è la lucida follia di due personaggi beckettiani ma a differenza di Aspettando Godot, qui il rapporto con la società che ha provocato la loro condizione è continuamente richiamata. In "opposizione" o forse in opzione complementare a Beckett, Gianni Hott non rinuncia alla provocazione estrema nei confronti della condizione che i due personaggi tentano invano di risolvere: basta essere in due perché la società sia un problema.
Un pastiche teatrale comico e terribile. Il contenitore definito "uomo", si apre a questo punto nella prospettiva speculare di un confronto irrisolto con se stesso. Come sotto l’azione di un immaginario apriscatole...